Dopo averci guidati tra le ombre di “Pelle di Prozac”, Luca V. torna con un nuovo brano che non lascia spazio a compromessi: si intitola LITIO ed è un pezzo diretto, viscerale, che affronta senza filtri il tema del disturbo bipolare e il turbine di emozioni che lo accompagna. Un testo che scava a fondo, capace di raccontare la fragilità senza edulcorarla, rendendola umana e condivisibile.
Ancora una volta, Luca V. sceglie di non nascondersi. La sua scrittura è un atto di resistenza e sopravvivenza, ma anche un ponte verso chi si sente inadeguato, stanco, spezzato. Con LITIO l’artista porta avanti il suo progetto più ambizioso: un brano al mese che, tassello dopo tassello, comporrà un racconto più ampio, intimo, coerente. Un vero e proprio viaggio emotivo che lo condurrà verso un album e, presto, anche verso i primi live.
Lo abbiamo intervistato per farci raccontare meglio il significato di questo nuovo capitolo.
Come e quando nasce la tua passione per la musica e com’è maturata negli anni?
È nata prestissimo. Avevo quattro anni, una chitarrina giocattolo e nessuna idea di cosa fosse davvero la musica… ma qualcosa mi faceva stare bene.
Con il tempo è diventata il mio rifugio.
Poi, più avanti, anche la mia voce, il mio modo di spiegarmi.
Oggi è una necessità: se non scrivo, sto male. Se non metto fuori quello che ho dentro, mi blocco.
Scrivere è diventato un modo per respirare meglio.
Quale messaggio particolare vuoi trasmettere con la tua musica a chi ti ascolta?
Che va bene anche non stare bene.
Che non dobbiamo essere sempre forti, sempre all’altezza, sempre tutto ok.
La fragilità non è una colpa.
Se con le mie canzoni riesco a far sentire meno solo qualcuno che si sta nascondendo... allora ho fatto centro.
Parliamo del tuo ultimo singolo: da cosa nasce questa canzone e di cosa parla?
Litio nasce da un momento difficile.
Non è un racconto immaginato: è qualcosa che ho vissuto in prima persona.
Parla del disturbo bipolare, ma anche – più in generale – di tutte quelle emozioni che cambiano forma troppo in fretta, lasciandoti sfinito.
C’è dentro l’euforia che ti sfianca, l’apatia che ti blocca, le medicine, l’insonnia… e la paura di non riconoscersi più allo specchio.
Se dovessi descrivere questo brano con un solo aggettivo quale sarebbe e perché?
Crudo.
Perché non ho provato ad addolcirlo, non l’ho reso “più musicale”, non ho cercato la frase giusta.
Ho lasciato che fosse vero. Anche scomodo. Anche difficile da ascoltare
Ci anticipi qualcosa riguardo i tuoi prossimi impegni?
Sì, sto lavorando a una canzone al mese.
Ogni brano nasce come un frammento a sé, ma insieme stanno costruendo un percorso più ampio, più profondo.
L’obiettivo è arrivare a un album che non sia solo una raccolta di tracce, ma un racconto continuo.
E tra poco, lo dico piano, arriveranno anche i primi live.