Intervista a MaLaVoglia: tra musica, emozioni e il nuovo singolo "Freddie"


Artista intenso e fuori dagli schemi, MaLaVoglia torna con il suo decimo singolo, Freddie, un brano che si spinge oltre la superficie delle emozioni e affronta con sincerità il lato più vulnerabile della sua esperienza umana e artistica. La canzone, nata da un dialogo immaginario con Freddie Mercury, riflette su solitudine, sogni e la ricerca di sé stessi, in un periodo in cui l’artista si sentiva smarrito tra la persona e il personaggio.

In questa intervista, MaLaVoglia si racconta, dalla nascita della sua passione per la musica al percorso che lo ha portato a consolidare il suo progetto musicale. Ci parla di come la sua arte si ispiri a esperienze personali e universali, con la speranza di creare una connessione autentica con chi lo ascolta. E tra ricordi, riflessioni e nuove prospettive, ci svela anche qualche indizio sui prossimi passi del suo viaggio musicale.

Come e quando nasce la tua passione per la musica e com’è maturata negli anni?
È iniziata da bambino guardando mio fratello suonare. Poi mio zio mi ha portato su un palco a 8 anni e da lì è iniziato il viaggio. A 9 anni mi facevo le interviste da solo e dichiaravo alla stampa che ero una grande rockstar con problemi di droga. Non sapevo cosa fosse la droga ma era scomparso da poco Kurt Cobain e l’impatto mediatico era ancora forte. Anche se all’epoca non c’erano i social le notizie correvano lo stesso.
Questi sono i primi passi nella musica. Poi relativamente tardi ho capito che volevo che fosse molto di più che una semplice passione. Ho assemblato una band dove facevamo cover e suonavamo i primi pezzi che avevo scritto, avevo 19 anni.
La svolta è stata a 25 anni quando partecipai ai casting di Amici 11 e arrivai fino alla formazione della classe. Vidi la mia musica da un punto di vista nuovo e capii che poteva arrivare a molte più persone. Ecco, lì è iniziato il vero viaggio verso il MaLaVoglia di oggi, progetto che è nato ufficialmente nel 2017 battezzato con l’apertura al concerto di Roberto Vecchioni in provincia di Pavia, una delle tante che feci in serie (Tozzi, Raf, Nomadi, Britti, Albano, Ruggeri e ultima in ordine di tempo Orietta Berti).

Quale messaggio particolare vuoi trasmettere con la tua musica a chi ti ascolta?
Non scrivo per mandare un messaggio. Scrivo perché ho qualcosa da raccontare e da dire, a volte tramite un’emozione vissuta sulla mia pelle, a volte raccontando il mondo secondo i miei occhi o altre volte ancora raccontando storie di altri.
Mi piace pensare che chi ascolti e canti le mie canzoni possa ritrovarsi e immedesimarsi nel messaggio che ognuno di noi ha bisogno di leggere attraverso le canzoni. 

Parliamo del tuo ultimo singolo: da cosa nasce questa canzone e di cosa parla?
Ecco parlando di emozioni vissute…FREDDIE ne è l’esempio.
Venivo da un periodo molto buio e difficile della mia vita, mi sentivo perso, solo, a metà tra MaLaVoglia e Gianluca, incapace di capire chi fossi veramente.
FREDDIE nasce in una sera di novembre ascoltando IT’S A KIND OF MAGIC dopo che, qualche giorno prima, aver visto il film BOHEMIAN RHAPSODY. Mi sono iniziato a chiedere se anche un personaggio leggendario come FREDDIE si fosse sentito solo nella sua vita pur avendo realizzato il suo sogno. È nato così il dialogo surreale che poi ho messo in canzone.
Un dialogo tra FREDDIE, le nostre paure e le nostre debolezze. I nostri mostri e le nostre parti in ombra.

Se dovessi descrivere questo brano con un solo aggettivo quale sarebbe e perché?
L’aggettivo che userei è VERO. Nel senso che è un brano dove mi metto a nudo e racconto in maniera pura il mio lato più sensibile.

Ci anticipi qualcosa riguardo i tuoi prossimi impegni?
C’è tanto lavoro da fare. Sicuramente dopo FREDDIE seguirà qualcosa di nuovo, molto presto. Ovviamente post Sanremo, accentratore di uscite discografiche in quel periodo. Sono molto contento che FREDDIE sia il decimo mio singolo. Dieci è un numero importante.
Maradona, Baggio…ecco, vedo FREDDIE come il mio numero 10. Imprevedibile, fuori dagli schemi. Uno di quei fantasisti anni ’90 che mi facevano impazzire.


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