Con il suo singolo “Lavanda”, De Nardo si presenta al pubblico con una proposta musicale che riflette profondità emotiva e sincerità. La sua passione per la musica nasce in tenera età, quando inizia a suonare il pianoforte, non senza una certa resistenza iniziale. Crescendo, però, la musica diventa un mezzo fondamentale di espressione. Durante l’adolescenza, l’influenza del prog rock degli anni '70 e l'incontro con grandi cantautori come Dalla e Bianconi accendono in lui la scintilla creativa, portandolo a scrivere e comporre con rinnovato fervore.
In questa intervista, De Nardo ci parlerà del suo approccio alla musica e del messaggio che desidera trasmettere attraverso le sue canzoni. La sua visione è chiara: l'intenzione dell'autore si dissolve nel momento in cui la musica viene rilasciata all'ascolto, diventando un'esperienza personale e unica per ogni ascoltatore.
“Lavanda” nasce da un'esigenza profonda, un desiderio di elaborare un abbraccio dolcissimo e complesso, ispirato dalle riflessioni di Roland Barthes. La melodia che accompagna il brano è essenziale, un connubio tra piano e voce che esprime vulnerabilità e autenticità.
In attesa di scoprire i suoi progetti futuri, De Nardo anticipa l’uscita del suo secondo singolo “Zingara” a fine novembre, un brano che promette di esplorare nuove sonorità, mescolando urban e cantautorato. La sua voglia di esibirsi dal vivo traspare chiaramente, segno di un artista pronto a condividere la propria musica con il pubblico.
Scopriamo insieme di più su “Lavanda” e sul percorso musicale di De Nardo.
Come e quando nasce la tua passione per la musica e com’è maturata negli anni?
Suono il pianoforte da che nemmeno avevo cinque anni, per imposizione materna. Da bambino m’annoiavo tantissimo, tant’è vero che alla prima occasione buona ho mandato a monte le lezioni private. Nemmeno ero poi così portato: non v’aspettate un virtuoso dello strumento. Quando s’è accesa la scintilla, non so dirlo. De facto, s’è accesa. Sarà stato, forse, l’incontro col prog rock anni ’70, in piena adolescenza. Oppure la scoperta successiva dei grandi cantautori, Dalla e Bianconi su tutti. Ho preso a scrivere, scrivere, scrivere. Oggi compongo, arrangio, canto. Mi fa stare bene.
Quale messaggio particolare vuoi trasmettere con la tua musica a chi ti ascolta?
Non ho pretesa alcuna di lasciare un messaggio. Lo ripeterò fino alla noia: l’intenzione dell’autore, quale che sia, decade nel momento esatto n cui la musica è rilasciata all’ascolto del pubblico. Bastano quindici ascoltatori, non uno di più: spetterà a loro misurarsi coll’intenzione dell’opera, che è altro da me e gode di vita autonoma. Desidera solo d’essere svelata a ogni ascolto.
Parliamo del tuo ultimo singolo: da cosa nasce questa canzone e di cosa parla?
Lavanda nasce per necessità, dalla volontà disperata di processare un abbraccio dolcissimo e insolubile - vale a dire irrisolo. Ho scoperto dalle pagine d’un libro - i Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes - che l’abbraccio «è il momento delle storie raccontate, della voce che giunge a ipnotizzarmi, a straniarmi». Questa storia ho voluto imprimerla su carta, in forma di canzone, attraverso una melodia che parlasse tacendo. Mi rendo conto dell’ossimoro: all’ascolto, suona tutto più semplice. Il piano e la mia voce. Dico solo: «Dormi serena il più dolce dei sonni».
Se dovessi descrivere questo brano con un solo aggettivo quale sarebbe e perché?
Essenziale. Perché prende forma per esigenza, e perché è sfrondato d’ogni orpello, nella forma e nel contenuto. È una canzone schietta, diretta, sincera.
Ci anticipi qualcosa riguardo i tuoi prossimi impegni?
Appuntamento a fine novembre. Uscirà il mio secondo singolo. Si chiama Zingara - sono in debito con le pagine di Cesare Pavese («Verrà la morte e avrà i tuoi occhiı»). È una canzone liminare, tra sonorità urban e cantautorato. Cantautotrap, dice Roberto Stanzione, che m’ha supportato nella scrittura. Presto, poi, comincerò a suonare in giro, dal vivo. Ne ho molta voglia.